“Lascerò che il mio diario cresca come cresce il pensiero, come crescono gli alberi e gli animali, come cresce la vita. Chi l’ha detto che un libro deve raccontare una storia seguendo una monotona linea retta? Le parole dovrebbero vagare e serpeggiare. Volare come gufi, saettare come pipistrelli, scivolare furtive come gatti. Mormorare e urlare, danzare e cantare. A volte, invece, non dovrebbero proprio esserci parole. Solo silenzio. Solo puro spazio bianco”.
È Mina che parla. Mina di David Almond. Mina di Skellig.
Leggendo le poesie di Antonio, mi chiedevo come trovare parole per passar parola delle sue. Come si può parlare della poesia di altri, come si può ascoltare qualcosa di così intimo, profondo e bello, poi parlarci sopra, definire, marcare, impacchettare, incorniciare. Come si può?
Non mi piace metter piede nello spazio intimo dell’altro. Ci sono scritti in cui entro, con le scarpe, le valigie, le memorie, la sciarpa il cappello e i guanti, la borraccia e uno spuntino. Sta bene. Ci sono scritti in cui guardo da fuori, o mi siedo alla finestra, non varco il confine. Così è “fumo di combustione”.
Leggendo vedevo chiaramente, la ragazzina seduta sul tronco dell’albero, le gambe ciondoloni. Vicino a lei il nido di merli, i piccoli implumi chiacchierini. Un raggio di sole traversava la scena, la primavera, il cielo chiaro. Il tempo fluente e sospeso. È Mina, lì seduta. Guarda i piccolini, li protegge, non metterebbe un dito nel nido, lo sa che non vanno toccati i piccoli altrui. Casomai lo sposterebbe, tra le mani a conca, con delicatezza.
Ci sono parole leggere e delicate, anche quando forti stridono e tagliano. Hanno le ossa pneumatiche, leggere, come quelle degli uccelli, ché, son fatte per volare, e far volare.
Parole che vagano e serpeggiano, volano come gufi, saettano come pipistrelli, scivolano furtive come gatti. Mormorano e urlano, danzano e cantano. A volte, invece, sono solo silenzio. Solo puro spazio bianco.
Sono queste le parole di Antonio in “fumo di combustione”, e in ogni altro luogo, quando scrive poesia. Un foglio, o un muro scorticato duro, inciso con la lama. E questo muro si può riparare, come l’albero su cui Mina ha inciso “Odio TUTTO”, “Amo TUTTO”.
Si ripara, il legno vivo, il muro scorticato, il bimbo addolorato.
Le sue poesie sono i piccoli, nel nido, con il loro Cié-ciécié . Puoi distendere l’orecchio, allungare lo sguardo, espandere il cuore. Stare ad ascoltare, stupefatto ammirare.
Mi ha ricordato un nido la bellezza della copertina del libro, la grafica raffinatissima ed essenziale che sembra contenere e tener caro il prezioso all’interno. Senza sopraffare, distrarre. Esalta il contenuto con il niente: tre rami, due parole, colori neutri in una combo straordinaria, uscita da chissà dove, così pulita. Sobria, delicata, tanto bella.
Èperfetto anche il formato del libro, la leggerezza. Questa cosa che ti sta in una mano, in una borsa, in una tasca, poggiata al cuore. Che te la porti dietro e togli quando hai un momento, come i minatori dalla tasca dei jeans, senza pena che si sciupi.
Nasce già sciupata la poesia, e ricomposta larga,
con tante cose tra gli spazi e spazi tra le cose.
Proprio lì,
puoi stare anche tu
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“Fumo di combustione”, Antonio Ferrara, AnimaMundi Editore, collana Piccole Gigantesche Cose
Sempre bellissime le tue recensioni! Anche la foto è bella!
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