La regina Carlotta, serie Netflix

Serie Netflix, sceneggiata e prodotta da Shonda Rhimes.

SPOILER ALERT

Scrivo le mie riflessioni prima di lasciare questa serie:

L’ho vista volentieri e con leggerezza, non una trama e una visione tediosa o pesante da seguire. Il tema non nuovo alla produzione cinematografica è narrato con elementi tipici della contemporaneità, sia per quanto riguardo le scelte dei personaggi e del modo di raccontare la loro storia, sia per l’intreccio.

Chiaramente il primo elemento divergente è la scelta della protagonista di colore, così per parte dei personaggi dell’intera vicenda. Nel tessuto narrativo la presenza di personaggi di colore a corte si mostra di volta in volta normalizzata o in fase di integrazione. Normalizzata attraverso la regina dalla pelle scura che senza dubbio alcuno viene scelta in sposa; in divenire di integrazione per quanto riguarda la corte e le persone che si susseguono nella storia. In ogni caso a un passo da una coerente interazione che sposta il focus dal colore della pelle alle relazioni tra le persone, integrando tutte le parti.

Interessante anche che la regina Carlotta sia interpretata da una ragazza non scelta tra le bellissime, secondo i canoni nostri. “Ha la pelle scura ma è bellissima”, si sarebbe potuto dire. Del tipo che “eh sì è di colore ma vuoi mettere, è talmente bella…”

Carlotta non è bellissima secondo il canone tradizionale. È una ragazza dai tratti del viso comuni, che a momenti emerge meravigliosa, al modo più interessante della bellezza che è quella che anima il corpo e il viso e li fa risplendere. Di questa bellezza rimane folgorato Re Giorgio nel film: lei è la sua luna chiara e la sua luna nera, la sua luna.

Interessantissimo anche il ruolo dei capelli della regina, quasi resi personaggio: la tipicità dei capelli delle donne di colore è lasciata emergere, a volte esibita dalla regina, in un mondo, il nostro, in cui i capelli scuri ricci e crespi vengono spesso ridotti a miti spazi.

Molto interessante il modo del narrare il femminile, che in questa serie è centrale. Un femminile che lotta per fare sentire la propria voce, per uscire dalle gabbie, per scegliere il proprio destino e i propri amori. La Regina Carlotta è timoniera, di sé stessa e del suo matrimonio, impara ad esserlo.

Tutto ciò avviene mentre le donne si palesano rivestite da metri di stoffa, strette in busti impossibili e intralciate da assurde crinoline: “Queste stecche di balena potrebbero bucarmi un polmone”, dice Carlotta nelle prime scene del film. Ingabbiate dall’inizio alla fine le donne si muovono nonostante; quel che non si può lasciare si porta dietro, fondamentale è muoversi e avanzare.

A ben vedere sembra che il maschile in tutte le sue parti e ruoli sia alla periferia della narrazione in questa serie, a servizio dello sguardo e dell’intento del femminile che buca la pellicola e la quarta parete. Anche mi piace che, pur trovando il maschile ai bordi di questa rappresentazione, non sia esso sminuito, messo in secondo piano o svilito. Questo è sempre il rischio più grande. Prova ne è che il Re consorte fragile e affetto da malattia mentale ci venga restituito come prezioso e indispensabile dagli occhi della Regina, quindi eroico.

La simmetria si manifesta nell’eroismo di Carlotta, e nell’eroismo di Giorgio.

L’Eroina e l’Eroe.

Ho trovato ridondante la scelta del nudo in questo filmato. Nudo pressoché assente, non ho visto un sedere di donna o un seno, a riprova che non è dovuto né necessario spogliare le attrici sul set, ma allo stesso tempo ho visto più volte sederi nudi maschili, come unica cifra di nudo. E di maschi dalla pelle bianca, in un set in cui attori bianchi e neri si alternano in numero più o meno simmetrico.

Non ho apprezzato questo sbilanciamento che sembra rovesciare lo stereotipo dell’uso del corpo nudo nei film. Vista la scelta di genere e di colore a un certo punto mi son chiesta se la sceneggiatrice donna avesse la pelle nera.

Delicata e bella la storia d’amore di Giorgio e Carlotta, suona verosimile perché tessuta di difficoltà e stonature, incomprensioni e rovinose cadute, così come la vita riserva nel quotidiano di tutti noi, in ogni tempo. Un amore che emerge e risplende nonostante le impossibilità. Non spocchioso, è la luce che traina avanti una storia e un tempo, un modo di vestire e di relazionarsi pesante e carico di orpelli. È quella luminosità che fa muovere tutte le impalcature, che porta avanti la storia e la trasformazione nel tempo.

Ai margini la delicata storia d’amore dei due valletti reali. Non smaccata, mai sopra le righe, non particolarmente presente nel tessuto narrativo. Due giovani uomini dediti e fedeli ai loro sovrani, al loro lavoro, animati da un amore giovanile che sfocia in rari momenti di passione, belli da vedere sullo schermo.

Interessante l’intreccio tra il tempo passato e il tempo “presente”, non semplicissimo da capire all’inizio e per questo anche avvincente: non sempre tutto è da capire subito, piano piano si farà.

Sconcertante per me la figura della sovrana anziana, la sua caratterizzazione, vederla come l’arco di trasformazione del personaggio ce la restituisce. Fatico a connettere le figure emotive della regnante giovane e di quella “anziana”, mi chiedo cosa sia passato nel mezzo per restituirla così come si mostra con i figli e con il modo di governare il regno. Ma anche lo scarto è interessante, il personaggio che troviamo diverso da come vorremmo, di cui non sappiamo tutto, che non collima con le nostre previsioni e con i nostri desideri.

L’intreccio che più mi ha colpito e credo sia il motivo che mi fa fermare a scrivere è il riepilogo che occupa un’intera puntata, in cui la storia viene rinarrata annettendo le parti mancanti (non specifico per limitare lo spoiler).

L’ho trovato interessantissimo come intreccio, e inusuale sia per modo che per durata. Molto interessante vedere la completezza della storia, ciò che non era stato mostrato. L’ho trovato anche contemporaneo perché tanto dice a ognuno di noi di quello che vediamo nel mondo e dei film interiori che ci facciamo, su vicende di cui vediamo solo ciò che viene mostrato; idem per quanto riguarda la vita social che esattamente si palesa in questi termini. Questa scelta narrativa e di montaggio postumo ci fa sperimentare lo stupore della vita mostrata nel suo complesso, e quanto la riconosciamo nelle sue fragilità, ombre, disperazioni.

Il tema della malattia mentale è portato in chiaro e tessuto nella narrazione come filo d’oro scuro.

Il giovane uomo cupo e splendente, forte e fragile, meraviglioso nella sua integrità che è fatta anche di abisso e che la regina impara a conoscere e riconoscere, amandolo per quel che è, senza voler cambiare ciò che non può cambiare ma amando il tutto. Cercando la via per tenere insieme le parti, per dare forza a ciò che può tenere insieme la persona, la coppia, la corte, il regno. Accettando l’ineluttabile e contenendolo nei modi possibili e opportuni.

Mi piace che questo tema faccia parte della narrazione e della vita, che sia mostrato in chiaro, che non resti chiuso agli angoli o relegato nelle cantine e mai nominato, o raccontato in modo che non restituisca dignità alla persona malata.

Interessante anche l’arco di trasformazione della madre di Re Giorgio. Un momento inaspettato e importante della sua parte appare alla fine di queste prime puntate, fugace come il volo di una farfalla al di là di una finestra, ma gigantesco per lei e per noi che la guardiamo.

Eccolo lì, l’arco di trasformazione di un personaggio, quello che tutti ci portiamo a casa.

*

“La Regina Carlotta”, una storia di Bridgerton, serie Nerflix, Shonda Rhimes

7 pensieri riguardo “La regina Carlotta, serie Netflix

      1. niente, mi serve una lezione di blog, come ti dissi uso il mio solo per archiviare i miei post, non sono pratica. ho letto il tuo articolo e volevo commentare ma non mi appare il posto per scrivere commenti, come si fa? sono imbranata

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      2. Se vai in fondo al post dovresti trovare un rettangolo con su scritto “Scrivi qui il tuo commento”. Tu ci clicchi sopra, inizi a scrivere, e quando hai finito clicchi sul rettangolino “Pubblica un commento” ancora più in basso. 🙂

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