Stamani cercando un documento ho trovato un file a titolo “Recensioni” archiviato lì per sbaglio. Non ricordo quando l’ho scritto e a seguito di cosa, ma mi pare interessante per aprire nuove riflessioni su questo tema. Lo posto e aggiungo due link interessanti:
1) Un articolo che parla del fenomeno recensioni in tik tok, per me estremamente affascinante e tutto in mano ai ragazzi.
2) Un nuovo format di recensione che ho visto ieri pubblicato sulla pagina di Antonio Ferrara.
RECENSIONI, repost:
Provo a tirare due conti dal post di oggi.
Servono o non servono? Dipende da chi legge, da quel che cerca, da cosa chiede a una recensione.
Ognuno ha un modo proprio di intercettare libri da leggere: chi usa le recensioni per orientarsi, chi si orienta diversamente e non vuole alcun tipo di anticipazione, chi le cerca dopo aver letto il libro per ulteriori riflessioni e per vedere il testo attraverso altri sguardi.
Da questo punto di vista mi pare che la storia iniziale si possa ampliare di sguardo in sguardo, non necessariamente centrando la storia originaria ma usandola per andare verso altre storie, unioni di frammenti, di occhi, di immagini, di persone.
In una recensione vediamo coinvolto lo scrittore del libro, il libro al centro, il lettore che diventa scrittore a sua volta e si rivolge a una platea di altri lettori. A loro volta questi lettori di recensioni possono essere o diventare scrittori di recensioni. E tutti si guardano, come in un gioco di specchi.
Cosa c’è in gioco quando si osserva una recensione: l’ego del recensore. Di qui Emilio conia l’interessante nuovo format “Recensire il recensore”. Stupendo!
Chi scrive recensioni, da cosa è guidato? Quali sono i suoi bisogni e desideri, quali le sue domande, scrive risposte o apre domande?
La domanda più aperta di tutte mi pare ancora essere: “A chi servono le recensioni?”
Se servono a qualcuno ha sempre senso scriverle, foss’anche e solo al recensore che serve a sé stesso.
Rimane inteso che testi lunghi e recensioni elaborate paiono non essere il format di maggior richiamo. Per quel che mi riguarda mi fermo a leggere una recensione elaborata quando in me si è acceso interesse. In genere l’interesse me lo accende il libro, o il recensore che sa dirmi qualcosa che non saprei immaginare da sola o leggere in quarta di copertina. Qui inserisco nomina a recensioni eccellenti che sono veri e propri testi di studio, non di uso comune e veloce.
Questo intero tread si origina dalla foto di un libro postato in amazon con recensione testuale: “Bello. Si fa leggere”. Abbiamo riso due giorni e scritto parecchio sotto a quel post, da quello si è originato questo, dal tanto discorrerne ho ordinato quel libro in biblioteca e un altro della stessa collana. Quindi? Due righe che fanno ridere attivano più di tante riflessioni, se intendiamo la recensione solo come acchiappa-lettori.
Di mezzo, recensioni di poche frasi, chiare, curate, che si leggono velocemente e rimangono impresse, paiono l’ideale che si incunea con semplicità e velocità nel tempo dello scorrere nei social. Ci si ferma, dieci righe autoconclusive le reggiamo tutti e più facilmente rimangono impresse.
Nello scrivere recensioni io mi regolo così: la maggior parte delle volte non ho nessuna voglia di mettermi a scrivere le idee che ho in mente, resisto a oltranza, mi oppongo risoluta. Queste ingigantiscono, ovvio, molto spesso mi tocca mettermici a lavorare.
L’ostacolo più duro è che spesso i miei pensieri sono difficili da tradurre, a volte allucinazioni, a volte vere e proprie bestialità, robe che se qualcuno se ne accorge mi fa la pelle, tipo ieri che ho scritto la rece di ‘Carrie’ di Stephen King. Però, mi dico, non mi legge nessuno e dentro i miei scritti metto quel che mi pare.
Se va bene sono invenzioni, spesso collego qualcosa che sto leggendo o studiando, ‘ci va sempre a fagiolo non so perché’, mi dico, e lo metto. Così facendo imparo a dare forma e a direzionare le idee, sempre più in ogni cosa che scrivo. Imparo ad andare oltre la comfort zone. Cioè, mi ci costringo proprio. Altrimenti lascio pure stare che nulla di nuovo aggiungerei al mondo.
Tutto ciò mi serve per imparare a scrivere meglio, ma anche a distrarmi dal mondo e mettere le energie a impastare qualcosa di creativo. Più di tutto, il fatto di fermarmi in un libro, nelle sue suggestioni e immagini, il perdermi nella trama e trovare connessioni, dà spazio e tempo all’esperienza del leggere.
Dunque fermarmi a scrivere mi serve per approfondire la conoscenza del testo, dedicargli il giusto tempo. Ecco, dedicare il giusto tempo alla storia.
Non so dire quanto valga la pena lo scritto che ne viene fuori, ma ogni libro si merita più tempo e dedizione di quello che in genere siamo abituati a dare.
Il tempo per lasciare la storia fare il suo corso.
*
Io non scrivo recensioni vere e proprie, ma mi confronto con un gruppo su determinate letture che condividiamo, ed è bellissimo rendersi conto di come ognuno di noi, con la sua sensibilità, registri spesso sensazioni divers e inedite rispetto agli altri. Alla fine il libro diventa molto più ampio della sua semplice storia
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Verissimo, è davvero bello quando con un libro al centro e il desiderio dell’ascolto attorno, un libro si espande. Grazie Paola
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