RESPIRO, Antonio Ferrara

Fai come il lanciatore di coltelli, che tira intorno al corpo.

Scrivi di amore senza nominarlo, la precisione sta nell’evitare.

Distràiti dal vocabolario solenne, già abbuffato,

punta al bordo, costeggia,

il lanciatore di coltelli tocca da lontano,

l’errore è di raggiungere il bersaglio, la grazia è di mancarlo.

Erri De Luca

*

Sono giorni che penso a come scrivere di “Respiro”. Ho preso pagine di appunti leggendolo. Poiché una recensione non è un saggio, in genere decido cosa mettere al centro e a quello costruisco attorno, qualcosa entra nella recensione, la gran parte resta fuori. Si può scrivere di un libro da mille punti di vista, raccontarlo in sguardi diversi, espanderlo all’infinito, mancarlo con grazia.

In questo caso non riesco a pensare di mettere al centro altro che non sia il libro stesso, la grazia di cui Antonio l’ha intriso e la poesia che Marco Somà ha espresso nell’immagine di copertina.

Anche il formato cartonato che Einaudi gli ha riservato mi pare centrale, dà all’opera un corpo libro che riesce a trattenerla. È così delicata, preziosa, che una densità di corpo andava messa, per tenere insieme tutto. Altrimenti il romanzo vola via, come un tessuto che scivola nel vento.

Penso che questa sia una delle copertine più belle che abbia mai visto. Perché è bellissima in sé, e perché è riuscita a cogliere il senso e la grazia della storia che custodisce. La copertina racconta del romanzo senza usare le parole, così come la poesia tocca da lontano il bersaglio, lo costeggia rivelandone l’essenza.

Quanto mi fai faticare Antonio, quanto.

Come si fa a dire senza dire? A mostrare senza usare le parole?

Accidenti quanto è bello questo romanzo.

La poesia viene tessuta nel racconto, cammina con i personaggi, è personaggio essa stessa. Il format usato per “Respiro” ricorda “Vivavoce”: la poesia entra e esce dalla storia in modo dinamico, non è qualcosa da studiare a tavolino, è passo, canto, è cosa viva. La tieni tra le mani e anche sfugge dalle dita, si irradia, si fa inseguire. A volte punge, avvelena i pozzi. La acchiappi ma non la trattieni. È tocco, grazia e movimento.

Sulla struttura del romanzo: è molto interessante la dinamica dei personaggi, il peso e gli equilibri che prendono nella storia.

Tre personaggi principali e tre sullo sfondo. Tullio al centro, il nonno e Agata a fargli da mentore, Silvia e i genitori presenti e in disparte, necessari nella forma del romanzo e presenti nella loro non-interferenza nella storia.

L’arco di trasformazione di Tullio è interno al personaggio, così il conflitto. Tullio è protagonista di tutta la sua storia e a servizio di essa, i personaggi esterni gli si posizionano attorno in modo da bilanciare il mondo, dargli una spinta dove serve, rendere possibile il movimento. Che siano gli anziani a fargli da guide, e non i genitori, è indicativo della fase della vita in cui Tullio si trova. La presenza che non interferisce dei genitori è il dono raro della genitorialità che sa stare, a tener su le pareti e aperte le porte.

La forma della storia è dell’ottovolante, e il movimento è ondivago. Tullio è al centro e il movimento degli altri serve a lui, passa attraverso di lui per fargli sentire il suo centro. Il compito di Tullio è ascoltare le sue tensioni interne, imparare ad averci a che fare, governarle, riunire ciò che è separato. Ha bisogno di imparare a sentire, e ad adattarsi, rispondere modulando il dentro con il dentro e il dentro con il fuori.

Il suo sintomo, l’asma, ci dice di qualcosa di incompleto, di un conflitto. Il respiro non è abbastanza padrone di sé per governarsi a casa sua, dentro il corpo. C’è difficoltà di dialogo tra il corpo interno e il corpo esterno. Due respiri, due mondi. Il respiro inciampa, e si chiude quando tutto è troppo, quando le emozioni soverchiano, quando la materia esterna è troppo complessa per essere mediata.

Alle volte il mondo è troppo, non si riesce a respirarlo tutto assieme. Il ritmo del respiro, della poesia, delle emozioni, della storia, è il movimento dell’ottovolante. Non è facile lasciarlo fluire, ma è un movimento di un potere e di una bellezza gigantesca.

Se avessi deciso di mettere al centro di questo racconto un solo aspetto, avrei parlato di questo:

Asma, respiro che si spezza, mondo interno che dialoga con il mondo esterno.

L’asma che nella vita quotidiana appartiene solo a qualcuno, in questo libro diventa il correlativo oggettivo del dialogo con sé stessi e con il mondo, del respiro del mondo. Dell’appartenere al mondo e imparare a respirare con esso. Alcuni proprio non riescono, a respirare bene. E non tutti manifestano asma.

Nascono bambini che entrano presto in conflitto con il respiro nel mondo, non ce la fanno da soli, hanno bisogno di aiuto, farmaci, ossigeno. Hanno bisogno di qualcosa che moderi l’incontro tra il dentro e il fuori, un cuscinetto che tamponi la reazione infiammatoria al mondo.

Mi son sempre chiesta se manca qualcosa a questi bambini, o se sentono di più il mondo, se hanno bisogno di più tempo per abituarsi a esso, per sviluppare le risorse per passargli attraverso.

A volte l’asma emerge più avanti nella vita, a un certo punto si fatica a respirare il respiro del mondo. Si inciampa, qualcosa si incrina, il flusso si interrompe.

Tullio è in dialogo dinamico con il suo sintomo, lo regola da sé, si arrangia. I genitori e i nonni non si preoccupano eccessivamente per lui, lasciano che trovi la sua strada attraverso la difficoltà, lasciano che provi, inciampi, riprovi. Lasciano che rischi.

Il nonno e Agata sono meravigliosi. Il nonno pare abbia le chiavi del regno e della storia, la sua poltrona è la poltrona di tutti i nonni del mondo.

Il mondo geografico è essenziale e armonico: casa al centro, parco e cabina del telefono ai lati. Sono punti focali, tutti necessari, nessuno d’avanzo.

La scrittura scorre come un torrente, fluido, flessuoso, a tratti lieve e a tratti impetuoso. Una scrittura che accoglie in sé le precedenti e le arrotonda sui sassi del fiume. C’è dentro tutto della scrittura di Antonio: le immagini, la poesia, la fluidità delle frasi, la raffinatezza, la messa a terra. Martello e chiodo se serve, mollette da bucato, puntine da disegno, cuore più di quel che basta, aria per far muovere le cose e spostarle senza peso. Senza peso. Leggerezza che fa prendere il volo.

Poi c’è la linea della morte possibile, sempre, come in tutti i romanzi di Antonio.

sospesa

in attesa

..

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Tante suggestioni mi sono rimaste sul tavolo, ed è un peccato che non si parli mai di cosa si vede dentro e dietro le narrazioni. Trascrivo alcune frasi dai miei appunti. Spoiler alert.

Trovo molto interessante che tutto il racconto scaturisca da pochissimi elementi essenziali:

Personaggi: Tullio nonno Agata – mamma papà Silvia.

Luoghi: casa al centro, si esce verso due direzioni principali e simmetriche: il parchetto e la cabina del telefono. Messi su un piano e in immagine la casa è al centro e i due piatti laterali disegnano la bilancia, vista da sopra è l’immagine dell’otto.

Tutto il resto è intreccio di linee narrative, come sopra fosse l’ordito e i fili guida del racconto, sotto, nella trama, passano e s’intrecciano:

  • linea delle poesie
  • linea dei proverbi
  • linea del tempo atmosferico
  • linea delle stagioni
  • linea dell’asma
  • linea della morte possibile
  • linee delle storie d’amore, nonno-Agata, Tullio-Silvia

Movimento: è tirato all’osso. I genitori sono statici, Silvia è pressoché ferma. Agata appare e scompare, il nonno è il vero motore della storia. Tullio impara a muoversi accanto a lui.

Il concetto centrale pare essere la complementarietà tra pratica e azione, sogno e immaginazione, desiderio e disciplina. Tutto ciò incarnato e mostrato a Tullio dal nonno e da Agata.

È Tullio che deve imparare a crescere – e caspita lo fa! –, loro sono le sue guide.

Il nonno e Agata sono l’incarnazione dello yin e dello yang. Quando si completano mettono in moto l’universo, così accade a Tullio quando persegue questa via.

Ma a pensarci bene…

L’ unione dello yin e dello yang nella storia non si raggiunge per l’accostamento di Tullio con Silvia, non è quello lo yin e lo yang che si compone. Quello è conseguente. L’universo si mette in moto facendo ruotare Silvia, ma lei era statica, in attesa, era l’obbiettivo da raggiungere, andando verso lei Tullio si conosce, si mette in moto e si completa in sé stesso.

Lo yin e lo yang che si integrano sono dentro Tullio.

Tullio impara la disciplina e la devozione che servono per perseguire il proprio sogno: imparare la poesia, e manifestarla nel mondo.

Solo da quel momento il mondo si rimette in moto. Come il meccanismo dell’orologio che è stato caricato e ricomincia a girare.

Silvia, che è un satellite in questo meccanismo, non è mossa da sé stessa. Se la guardo da fuori, dalla parte del narratore, sa esattamente qual è il suo ruolo nella storia. Dev’essere proprio così, dura, silente e immobile. È una sorta di sfinge, con tutto il significato legato ai suoi enigmi.

La resistenza e indifferenza di Silvia è la prova da superare. Tullio ha dovuto raggiungere il suo obbiettivo da solo, in assoluta indipendenza dall’incoraggiamento di lei. Alla fine tutto si ribalta come clessidra, ma niente sarebbe avvenuto se Tullio non avesse superato la prova da solo: doveva perseguire la poesia, non Silvia.

Silvia ha acceso il desiderio, ma l’amore da conquistare era quello per la poesia. Conquistato un amore è arrivato anche l’altro. In questa narrazione Silvia pare una mutaforme, funzionale al percorso di Tullio.

[…] pare che questo nuovo romanzo ti sia uscito con spontaneità e semplicità. Forse anche con più distensione interna, come se in un periodo così teso ti sia concesso di scrivere su un trama che possa regalare a te e ad altri distensione. D’altra parte cos’è l’asma se non sentire una tensione interna che impedisce di lasciare andare, di recuperare spazio in cui l’aria possa entrare e ossigenare, quindi il desiderio di riuscire ad andare oltre, respirare liberamente.

Il tuo racconto – sono solo a pag. 64 – non vuole fermare la vita, il mondo e il tempo sull’asma, qualunque cosa succederà mi pare ci porterà oltre la mancanza di respiro, oltre lo strangolamento e la fine della vita. C’è qualcos’altro là che attende. Certo… con te si sa mai, cosa capiterà, eh. […]

La caratterizzazione del nonno è bellissima. Tra l’altro la figura del nonno non è frequente nei personaggi principali, e lui lo è.

Il realismo magico è parte della tua poetica. Il parchetto e la cabina che paiono personaggi. Le poesie, anch’esse quasi personaggi, e interessantissimo che le usi per calmare il respiro, allentare il broncospasmo.

È davvero molto interessante l’intreccio creato tra poesia, respiro, ritmo dell’uno e dell’altro, emozioni.

Pag 19: bisognava che qualcuno desse voce a questo vissuto, a questa paura.

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Respiro, Antonio Ferrara, Einaudi ragazzi

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