Corso di filosofia in tre secondi e un decimo, Daniele Aristarco

Spesso quando voglio scrivere di un libro ho la testa piena di appunti, pensieri, emozioni. Non dormo, mi sveglio, segno frasi, mi alzo presto. Come la tela di un ragno si tesse, spicca il volo un pensiero e si lega a un altro, a un altro, a un altro ancora, disegnando una geometria, appesa tra i pensieri. Tutto sta a capire da quale parte prendere il filo, lo sguardo, poi ricondurlo a parole.

Di questo libro, più che cercare un senso logico ai pensieri e alle parole da scrivere, mi chiedo dove appoggiare lo sguardo, dove l’ha appoggiato l’autore, per poter scrivere da lì. O meglio, vedo bene dove l’ha posato, qual è il fulcro della narrazione, ma non son sicura di riuscire a fare altrettanto.

Ho scritto recensioni entrando nella trama dei romanzi, sedendomi al tavolo della stessa cucina, della stessa locanda dei protagonisti, nascondendomi nella zuccheriera sulla mensola del camino. “Corso di filosofia in tre secondi e un decimo” è una geometria perfetta, non posso entrare dentro quella costruzione, non posso entrare in una forma geometrica senza interromperla, ma a ben vedere forse anche l’autore si è tenuto fuori da quella forma, l’ha tracciata con precisione mostrandola.

Ritornano spesso in questo scritto di Daniele la forma, il concetto e la pratica del cerchio. Il cerchio è un giro di sguardi, uno stare sul confine delimitando uno spazio in cui accogliere pensieri, parole. È un lago chiaro accolto nella terra in cui il cielo si specchia, una superficie che accoglie e rimanda l’immagine dell’alto. Dell’altro.

Un cerchio è la perfezione di Tiziano che nel racconto ha tutto dentro sé e cerca un modo per esprimerlo. Un cerchio è la traiettoria su cui ti poni: il centro, o il bordo. L’uomo decentrato è il fulcro di questa narrazione. È possibile mettersi di lato lasciando spazio al mondo stesso, mostrare il mondo allungando un braccio, indicandolo. Se non ci mettiamo al centro, siamo liberi di smarrirci, e di domanda in domanda viaggiare. Ecco il pensiero filosofico.

Mi è difficile tradurre in parole ciò che questo viaggio mi ha fatto percepire. Mi aiuta in questo la meravigliosa immagine di copertina del libro. Mi sono svegliata così stamani, non la testa piena di costruzioni ma un cielo sgombro, consapevole di qualcosa di complesso e preciso che sta al di là della mia costruzione interna, qualcosa di cui ho fatto esperienza, qualcosa che esiste: la geometria delle emozioni.

I primi capitoli li ho letti di sera, il mattino seguente mi sono svegliata con la sensazione di aver passeggiato tutta la notte nel pensiero filosofico accompagnata da filosofi. Ho dormito come muovendomi fisicamente su un sentiero, accompagnata. La percezione è stata di un tempo, lento e lungo, in cui poter camminare, spostarmi da un luogo all’altro, lasciando agio ai pensieri di esprimersi, aprirsi come fiori, trasformarsi. Muovermi attraverso le parole.

Mettersi in cammino è una condizione interiore.

La filosofia nasce dalla meraviglia, si accende in scintille che occupano uno spazio di tempo piccolissimo, per dilatarsi nell’esperienza del pensiero e del sentire”.

È meraviglioso che Daniele Aristarco sia riuscito a porgere in un libro accessibile a tutti la bellezza del pensiero filosofico, la possibilità e necessità della filosofia nella vita quotidiana. Un punto da cui partire, un punto che mostra la possibilità del viaggio e procede di domanda in domanda. Un libro per non smarrire il senso della meraviglia, o ritrovarlo. Una palestra di meraviglia.

Questo leggere, e leggersi, è luminoso e lieve, limpido e colorato come volo di farfalla. Accende meraviglia e incanto, un sorta di traslucenza da percepire con i sensi, difficile da definire. Ne ho ritrovato l’immagine in una frase letta in “Figure”, di Riccardo Falcinelli:

L’immagine è un velo estratto dal flusso che va dal mondo allo sguardo “.

Ho capito solo ora cosa mi chiedevano i miei figli al tempo dei loro eterni “perché?”

Il primogenito mi chiedeva del mondo, le mie risposte non lo esaurivano mai, aveva un’idea di mondo che non corrispondeva alla mia. Per la precisione, una volta mi disse, io sbagliavo perché sui libri dei Barbapapà lui aveva visto altre cose. Aveva trovato la sua idea di riferimento nei Barbapapà che potevano essere qualunque cosa, semplicemente cambiando forma, adattandola al bisogno e al pensiero.

L’altro figlio non usava la formula “perché?”, la sua formula era “mamma è vero?”, e via con le domande impossibili a cui mi affannavo a rispondere, e a cui contrapponeva sempre nuove domande fino a che mi sfinivo e cedevo per esaurimento, cosicché quel che restava nell’aria era sempre una domanda. Ricordo un pomeriggio iniziato all’uscita dall’asilo sui temi della morte e di mia mamma al cimitero, finito alle undici di sera con la domanda a cui non avevo più forze per rispondere: “che fine fanno le ossa al cimitero?”. Me la ricordo perché ancora non ho risposto. Nel frattempo l’anno scorso m’è toccato di informarmi e rispondere a “come fanno a mettere nelle urne solo la cenere dei morti che sono bruciati insieme alla bara?”.

Domande come ponti, che non cercano risposte ma zolle di terra a cui poggiarsi per posare un nuovo passo, andare avanti. I miei figli non volevano imparare da me le risposte, volevano che imparassi da loro le domande. L’ho capito ieri leggendo questo libro.

La filosofia non si esaurisce nella riflessione, è una pratica attiva che non arriva mai a destinazione, è sempre in viaggio. E’ il viaggio”.

Conoscere, secondo Platone, equivale a ricordare. Il pensiero filosofico è intrecciato al fare filosofico che ha attraversato le storie – miti, fiabe, racconti – e la storia stessa dell’uomo. Il tempo passato e il tempo presente. Sono lanciati dentro al cerchio di questo racconto, come palle di biliardo scelte e indirizzate con precisione, racconti come schegge, filosofi di tutti i tempi intersecati in un eterno presente, tessuti nella storia e nelle storie del tempo. Stelle comete che traversano il cielo buio del tempo. La filosofia in pratica. Ieri oggi e domani.

Evocare voci quindi. Voci che hanno acceso meraviglia, e domande. Riaccendere il dialogo sui temi della libertà civile e sociale. Riportare al centro le domande eterne, contrapposte al nostro presente di sole risposte gridate, insulti. Ognuno grida certezze e nessuno ascolta l’altro, rimaniamo fissi al centro del cerchio cercando di far ruotare il mondo attorno al nostro pensiero.

Abbiamo bisogno di pensiero filosofico, proprio ora, proprio qui.

È di ieri l’altro la video intervista di Matteo Lancini – psicologo e psicoterapeuta docente presso la Scuola di formazione in Psicoterapia dell’adolescente e del giovane adulto del Minotauro – con l’ associazione “ Impara digitale”, sui temi della didattica presente e futura, queste le sue parole:

(…) non seleziono da nessuna parte mai più nessuno perché sa rispondere alle mie domande. Analizzo la motivazione e se sa fare a me le domande giuste. È questo quello che conta”.

Mi son chiesta a quale fascia d’età è indirizzato questo libro. È scritto per ragazzi, accessibile a tutti, di una profondità e ampiezza sconfinata. Molto interessante anche per adulti intimoriti dalla filosofia, se non l’hanno mai incontrata o è stata posta loro come “al di là della portata”. Questo libro la porta, nella sua perfetta geometria, a tutti, accende il desiderio di filosofia. È la porta d’accesso.

Credo non sia l’età il prerequisito per entrare in questo libro. Ciò che ti fa entrare se c’è, o stare fuori se non c’è, è “Il desiderio di filosofia”. Questa è la chiave per aprire la porta, una volta entrati il desiderio viene acceso sempre più.

Chi dice che è presto per filosofare, o che è troppo tardi, fa come chi dicesse che ancora non è giunta o non è più l’ora di essere felice”. Epicuro

*

– Mamma è vero che una volta il mondo era tutto scuro?

– Hmm… sì… può essere. Che colore era secondo te?

– Nero.

– Mamma è vero che poi hanno inventato la pittura?

Davide, 5 anni

*

Corso di filosofia in tre secondi e un decimo”, Daniele Aristarco, Einaudi Ragazzi

Meravigliosa presentazione video di Daniele Aristarco e Giufà Galati, su “Filosofia in tre secondi e un decimo” ma anche sul percorso che ha portato Daniele a scriverlo e Giufà ad arricchire col suo controcanto gli spettacoli e le presentazioni dal vivo. In questa puntata i nostri eroi lottano con la tecnologia, prima perdono poi pareggiano. I primi 15 minuti sono muti, iniziate pure dal minuto 16.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: