Ora ti voglio vedere come lo racconti questo libro. Ti voglio vedere.
Hmm…
E’ stato come tuffarsi di testa nella copertina, nuotare nel verde azzurro di quell’acqua strepitosa, frizzante e fresca, ridendo come pesce argentato.
Non è che il racconto faccia solo ridere, no, è davvero fresco e frizzante, fa sorridere riuscire a VEDERE così bene dentro il mistero di un ragazzino di dodici anni. Poi c’è un mistero grande, che è quello di Stefano Tofani che scrive in quella maniera lì. Sono andata a spiarlo sul profilo facebook, e non ha dodici anni no. Allora mi son fatta delle ipotesi, di cui la più affidabile è che dentro Stefano Tofani adulto rimanga intatto lo Stefano Tofani dodicenne, una specie di matriosca, per dire. E che sia quello lì di dodici anni che ha dato voce al libro. Non c’è altro modo per spiegare questo fenomeno, questa voce cristallina, così autentica e ancorata al presente.
Ernesto ha dodici anni. Si sente come non sa di sapersi, e noi, dietro, sappiamo con lui.
M’è parso spesso di vedere attraverso la sua fronte limpida. Mi sembrava di essere dentro a Giacomo di Cristallo, di Rodari. Attraverso la sua perfetta trasparenza vedevo tutto quello che gli passava per la mente e per il corpo. Allo stesso modo in cui si apriva senza saperlo, – a noi lettori – si chiudeva agli adulti dentro al libro. Ed ecco svelato il mistero di tutti i dodicenni che ci girano per casa! S********! (quando leggerete il libro saprete quale esclamazione inserire al posto degli asterischi).
C’è qualcosa di imprendibile e non riferibile di questa scrittura che nella sua semplicità riesce a far sentire il mondo di Ernesto, il suo essere a cavallo tra infanzia e adolescenza, proteso verso il futuro ma ancora abitato da pensieri, emozioni, sensazioni forti dei più piccoli. Le sue lacrime sono grosse e calde, nascoste e piene, sono quelle inarrestabili dei bambini. Si nasconde per piangere, e ti par di sentire sti goccioloni, caldi che li puoi toccare.
Ho pensato per tutto il libro che l’autore poteva raccontarmi la storia qualunque della qualunque, ché, tanto, non era quella che mi portava in giro, era lo stupore del modo di Ernesto di traversare il racconto. Quindi, quale stupore,
Mi fermo
AVVISO
non spoilero mai mai mai, odio gli spoiler
ma ora spoilero il finale
Sì!
Se non avete letto il libro non andate avanti
Vi do il tempo per allontanarvi:
Faccio una salto
ne faccio un altro
faccio una giravolta
la faccio un’altra volta.
Bòn adesso spoilero:
… quale stupore, alla fine, proprio alla fine, scoprire il tema che aveva condotto fino a lì. IL TEMA! Mica una robina così. Grande proprio, fiondato al centro degli adolescenti 2019.
Son rimasta lì come una stupida, con la bocca spalancata. Non l’avrei proprio detto che addirittura c’era sto tema portante, pensato dall’inizio, non buttato lì nelle ultime tre pagine.
E poi, un’altra diagonale, surreale, poggiata verso l’orizzonte. Un ponte.
Tre linee di tessitura,
Il passato
Il presente
il futuro
*
Genio
*
“Sette abbracci e tieni il resto”, Stefano Tofani, Rizzoli