” Je volevo menà…”
Madame Bovary mi ha messo alla prova in questi giorni, e come al solito pur non avendolo finito, non riesco a non esternare i miei sentimenti. Credo sia la prima volta che vorrei suonarle di santa ragione al/la protagonista. In genere le vorrei suonare agli autori. Ma come si fa a prendersela con il delizioso Gustave, accidenti!
Scrive con la dolcezza dei colori più armonici, incastonati con amore uno nelle pieghe dell’altro. Un paesaggio di lago, descritto meravigliosamente, in cui ti siedi ad incantarti del rifrangersi della luce tra le foglie, del muoversi ipnotico e vellutato dell’acqua. Non fosse che ti piazza addosso una zanzara tigre grande come un elefante e t’incaxxi di bestia cercando di schiacciarla. Intanto ti prendi a sberloni tu stessa, ché, Madame Bovary sei tu, sono io. Diavolo d’un Gustave!
Ho patito ‘sta donna, ascoltandola in audible, per tre o quattro ore. Spoiler:
La prima parte in cui lei si strugge, in se stessa e per se stessa, i suoi patemi amorosi, mi facevano sanguinare le orecchie. Una lagna infinita e mortale. Quando poi è stata scaricata dal primo amante e si è aperto l’abisso del suo patimento, volevo tagliarmi le vene per lungo, buttare gli auricolari ad ogni cestino che incontravo. M’è toccato stringere i denti sulla fiducia, ché, Flaubert non si può dire meriti un cestino, ma che fatica amico mio!
Già il fatto che un romanzo metta in vibrazione così forte un mio sentire d’oggi, la dice lunga su quanto un classico possa traversare i tempi e venire a toccarmi nel vivo qui ed ora. Da donna, sono caduta nelle spire di Emma e non riuscivo a vedere null’altro della narrazione. Una visione per me detestabile.
Anyway, alla luce del secondo amante grazie al cielo Gustave affonda la lama mostrando lo strato profondo della Madame, e già lì per me la narrazione è diventata più facile e decisamente interessante. Ad ora, mi mancano un paio d’ore credo, ne sono incantata. Adesso riconosco in pieno la figura che ha tracciato Flaubert, e rimango senza fiato per la sua maestria.
Non avendo la competenza per narrare il significato e le intenzioni dell’autore, il peso di questo capolavoro nella letteratura mondiale, scriverò quel che l’autore fa emergere in me, in termini di puro sentire:
Si dice il romanzo narri in particolar modo la mancanza di potere e di chance della donna nel panorama dell’epoca, riportando in tutte le epoche successive la stessa dinamica ancora irrisolta. Io ho sentito altro. E’ la prima volta credo, perlomeno in un romanzo di quell’epoca, che vedo delineare con così grande chiarezza il potere della donna, inteso come potere distruttivo agito nell’ombra. La nera, quella che pare subisca alla luce del sole, ma nel profondo ha un potere di una vastità e profondità che tesse e muove tutto quanto all’intorno, inglobando, portando a sé tutto quello che vuole, fagocitando l’altro.
Madame Bovary è abitante di un abisso di insoddisfazione, convinta sia suo diritto riempirlo con ogni cosa là fuori luccicante, sia questa persona o oggetto, amore o lustrino. Tutto è lì perché lei se ne riempia e nutra, senza peraltro provarne mai sazietà o gratitudine. Un ciclo infinito che si autoalimenta distruggendo.
Si guarda attorno desiderando e prendendo, come a lei tutto fosse dovuto. Interessante il fatto che Flaubert non abbia delineato la tipica madre coccodrillo che fagocita i figli. L’ha delineata nel suo aspetto più egoistico, quello che se ne frega della figlia e fagocita tutto il resto. Solo per quello se la cava, la piccola. E’ così inconsistente nella narrazione che googlando non si trova il suo nome. “La figlia”. Fosse stata maschio, ne avremmo sentito scrivere ben altro.
Lungo la narrazione Emma arriva a tirar dentro nel suo buco, tirando i fili della tela, TUTTO. Divora e ingloba tutto e tutti, distrugge tutto.
La cosa che più m’incanta, in quest’idea che mi son fatta dello scrivere di Flaubert, è come sia egli riuscito a scrivere un racconto che, si dice, metta in luce il vissuto d’impotenza sociale della donna di tutte le epoche, e, nel mio sentire, mette in luce l’aspetto più nascosto e nero dell’archetipo femminile, quello di cui non si riesce mai a parlare, oggi, agosto 2020.
IL GENIO
Mi chiedo, se l’esatta Madame Bovary dipinta da Flaubert fosse vissuta in un’epoca in cui la donna aveva – ha – potere, cosa mai le avremmo, – le abbiamo – visto fare.
Pelle d’oca al sol pensarci
Del potere delle donne non si parla mai, per quello non ci si accorge di cosa muove nell’ombra la madre, colei che crea, e distrugge.
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Madame Bovary, recensito a metà lettura, Gustave Flaubert, Audible
La frase di chiusura è perfetta
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