Vuoi non farlo un giro in “Cecità”, il racconto distopico del mondo sotto scacco per una epidemia?
Credo un racconto sia tessuto da tanti aspetti, – scrittore libro editore lettore momento storico – come trama e ordito, fili contrastanti o infilati per traverso, che si uniscono in una narrazione unica, ogni volta diversa.
Non posso raccontare il mio sentire su questo libro se non localizzandomi nel tempo e nello spazio: Bergamo, 16 Luglio 2020. Non sarei stata in grado di leggerlo 3 mesi fa, col terrore covid in corso nella nostra città, se lo avessi letto avrebbe amplificato la paura di quel che vivevo. Di contro, leggerlo ora mi è possibile. Certamente più chiaro di quanto non sarebbe stato per me in pre-covid, certamente più familiare avendo vissuto il momento storico del covid, certamente più possibile ora, in questo momento di tregua, attesa, certezza di esserne, per il momento, venuti fuori. Avere visto la luce, la vita che torna.
A mio vantaggio devo pur dire di aver da poco letto “La strada” di Cormac McKarty, il distopico terrificante per eccellenza. Dopo quello si legge tutto, con una certa capienza d’animo, direi. Sia per l’uno che per l’altro, riuscire a reggere l’immersione nel terrifico del distopico fa emergere luce, accecante quando la scrittura è folgorante, come in Saramago e Mckarty.
Ad ogni modo, ne han parlato tutti. Mille sono le recensioni sparse qui e là nel web. Mi fermo a mettere a fuoco il mio sentire, prima di lasciare Saramago al suo.
Si dice che in “Cecità” lo sguardo cieco dei vedenti venga messo in evidenza “ (…) ciechi che pur vedendo non vedono. “
A me ha colpito più di tutto lo sguardo che emerge sul mare di cecità. L’unico.
Saramago sprofonda il mondo nella cecità per far emergere uno sguardo. Uno solo, che accoglie tutte le pene del mondo tenendole insieme, impedendo la frammentazione ultima dell’umano e della comunità. Uno sguardo che sopporta la vista, senza smettere di amare.
L’occhio è un organo, che consente la vista, che consente lo sguardo. Lo sguardo è ciò che ci identifica come persone, uniche e irripetibili: come noi poggiamo gli occhi sul mondo, come il mondo entra attraverso i nostri occhi e passando da cuore e mente si codifica in racconto del mondo, come noi raccontiamo – restituiamo – il mondo al mondo.
Lo sguardo
La responsabilità di Vedere
Essere portatori di vista in una mare di cecità
La luce del vedere che se lasciata sola a se stessa è terrifica, – di suo è sempre solitaria – se affiancata dal cuore, dalle memorie, dalla cura, dalle emozioni, trasforma la nostra capacità di guardare e restituire il mondo al mondo. Guida i nostri gesti, le parole.
Nascono così momenti di lirismo assoluto, nella scrittura che svela la luce dentro al buio, l’amore dentro l’odio, la cura nella disaffezione, la vita nella morte.
Noi siamo la luce che restituiamo al mondo. Prima di restituirla, bisogna saperla vedere, curare, coltivare, proteggere.
Se il distopico ha un senso, un senso è nel suo contrario, che fa intravedere oltre ogni oscurità.
Te lo fa toccare con mano
portandoti al culmine
occhi spalancati sulla soglia
*
Cecità, José Saramago, Feltrinelli
Amo Saramago con tutto il cuore e Cecità (che ho letto molti anni fa) è uno dei suoi libri più grandi. Lo ricordo benissimo, l’ho inciso nella memoria, e sono d’accordo con te, quello che conduce è l’unico sguardo vedente
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è davvero folgorante, caspita
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