Bambino di guerra, Antonio Ferrara

Quando ho visto apparire questo libro, non è che mi sia venuta l’acquolina alla bocca, come d’abitudine. Non son corsa in libreria a comprarlo. Non ho atteso con ansia che arrivasse dalla biblioteca. Ciò nonostante è arrivato lo stesso, mi son pure stupita di quanto poco abbia messo a raggiungermi. E sì che scappavo.

Ora, lo so che non morite dalla voglia nemmeno voi, tantomeno riuscirò a scrivere una presentazione che vi faccia venir voglia di cercarlo. È che si fa. Si guarda. Come minimo.

Da qualche parte dobbiamo iniziare a svelare ‘sti pezzi di puzzle che non quadrano mai e non sappiamo in che modo integrare, girare, far incastrare. C’è qualcosa che non torna nella nostra comprensione del mondo, ci mancano dei pezzi. La lampada non si accende, il filo non arriva alla spina.

“Bambino di guerra” cerca, riuscendoci, di sciogliere le storie vere dell’orrore dei bambini soldato – come figure di cera in pentola di ferro caldo -, per restituirle in forma accettabile, guardabile, comprensibile. Non edulcorata, ma possibile. Un linguaggio primitivo di immagini e parole che mantiene intatto il grido.

Testo e immagini sono laceranti, figli della stessa mano. I colori sono bianco, rosso, ocra, su fondo nero. Il tratto è primigenio, grezzo. Ho la continua visione dei bambini soldato, che all’interno della stessa foresta del racconto disegnano a terra con legni e dita, raccontano nelle immagini la loro storia. La loro tragedia.

Poche linee nette, straziate, terra nera, polvere bianca, rosso del sangue versato, ocra lo strazio, sole riarso. Sento il suono del legno grattare, tracciare, raccontare.

C’è come un grande silenzio. È il grido muto dell’inverosimile

e

tutto è vero.

*

C’è qualcosa che non so scrivere. È questo essere senza pelle, entrare nelle storie del mondo, in quelle più cupe e dolorose, scivolarci dentro e restare lì, senza protezioni. Gli eroi cosa hanno, nelle fiabe, una pelle d’asino da buttarsi addosso? Qui niente. Niente. Senza pelle. Stare lì in piedi, ascoltare, respirare, catalizzare, trasformare. Scrivere, disegnare. Cucire insieme. Consegnare.

Come fanno mamma e papà uccello: masticare il cibo, sminuzzarlo, renderlo morbido per offrirlo agli uccellini in attesa, affamati.

Sminuzzare storie, masticarle, ammorbidirle, renderle liquide, offrirle diverse nella forma ma integre nella sostanza.

*

Che posso dirvi, di questo libro, se non di leggerlo?

Leggetelo

Guardatelo

*

Il progetto grafico nel suo insieme è bellissimo.

*

Bambino di guerra, Antonio Ferrara, Siké Edizioni

Link al podcast dell’intervista di Radio Fahrenheit ad Antonio Ferrara, per “Bambino di guerra”

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