Una vita come tante, una recensione come tante

Di recensioni assurde ne ho scritte, ma questa le batte tutte, e non può certo dirsi recensione. Nemmeno con tutta la fantasia, Elle. Nemmeno. D’altra parte se quella è una vita come tante, la mia è una recensione come tante. Uguale.

Ho selezionato la copertina di questo libro mesi fa, inserita nello scaffale dei romanzi in formato e-book per le vacanze. Non avevo la minima idea di cosa parlasse e ben mi son guardata dal farmela in anteprima. Unica certezza la copertina Sellerio, di cui le blu spesso sono di piccoli librini stile Camilleri che porti in palmo di mano. Scarico quindi il tomino su Kobo e vedo la bellezza di 733 pag. digitali (Gasp!) di cui 1100 cartacee (ri-Gasp!).

Il mio rapporto con i libroni è severo: quando vedo un’ immensità di pagine, scritte pure piccole, inarco il sopracciglio e mi chiedo cosa avrà mai pensato di raccontare l’autore di così interessante da dover occupare tutto quello spazio. Ne è proprio sicuro? Guarda che è una bella responsabilità.

Dunque con tale animo mi son approcciata alla lettura che, devo dire, m’ha subito preso. Un bel racconto, atmosfera interessante, lettura che scorre placida. Temi intensi ma facilità di ascolto, voglia di riprenderlo e pagine che si girano una sull’ altra con continuità e senza peso. Pian piano s’era arrivati a un tema e un sentire così profondo e delicato, fortissimo anche, che davvero la lettura mi teneva avvinta, col fiato sospeso. L’ho anche consigliato per una serie di motivi che ho ben spiegato, e – misera, tapina e ingenua che sono! – ho pure ipotizzato che più di quel fondo, poteva essere non venisse raccontato. A pagina 333 delle 733 digitali per conto mio avevo saputo abbastanza. Scrivevo: “ Guarda, non è detto che lungo lo scorrere del libro vengano spiegate le dinamiche più profonde, ad ogni modo per quello che trovi nelle prime 300 pagine te lo consiglio davvero”.

Perché una, certo, non è neanche a metà del libro e ripone sacrosanta fiducia nell’ autore che l’ha risparmiata fino a lì: vuoi mica che si metta a spendere tutti i segreti nelle successive 400 pagine, che son più di quelle già lette? Scusa, 333 pagine son ben già un libro, incipit svolgimento conclusione ringraziamenti. Nelle successive 400 possiamo anche girare attorno ai contenuti, così, a vuoto. No? Non son curiosa, non amo i segreti perché so tenerli bene e mi pesano, non voglio mai sapere più del necessario. S’era già capito cosa stava là sotto, non avevo bisogno di andare a metterci le mani. Sapere tutto a puntino con tutti i particolari. No. Non sono San Tommaso.

Dunque avevo appena finito di guardare le 3oo pagine indietro, parlandone per quel che avevo visto, quando mi giro verso la successiva e trovo una parete (Boia!) da inerpicarcisi con le unghie e i denti, tutta in salita. E non son sportiva. Ma oramai c’ero dentro, cosa vuoi fare, sta storia m’è entrata nelle ossa, andiamo avanti.

Ho dunque proseguito l’arduo, poi molto arduo, poi arduissimo che l’accademia della crusca te lo dà sulla testa (anzi, stupore, l’accademia lo quota bene, un superlativo da grandi occasioni )

ARDUISSIMO.
Definiz:Superl. di Arduo. Lat. maximè arduus, difficillimus. Gr. χαλεπώτατος..Esempio:Com. Purg.3. Hae d’arduissime montagne, e faticose ad andare.

Ier sera cercavo di finirlo, sveglia fino a tarda ora, pagina su pagina. Non voglio abbandonarlo, ma voglio filare via veloce. Quanti gropponi in gola, quanto leggo di cui non avrei mai voluto leggere. Mi sento un maratoneta che vuole arrivare alla fine a tutti i costi ma sta soffrendo come un cane. Tutti i muscoli e le giunture urlanti, il cervello sfilacciato, unica luce il traguardo e la certezza che questa corsa non la farò mai più. “ Ah-no! Non mi faccio fregare una seconda volta! “ Ma in fondo ci devo arrivare.

Son così confusa che mi sembra di esser centrifugata da un frullatore. Se guardo indietro al primo scoglio delle 300 pagine mi pare una vita fa, una traversata fa, un qualcosa di così lontano che non riesco nemmeno a vederne l’inizio, la fatica mi porta a guardare avanti e stringere i denti ad ogni pagina. Era mica un libro questo qua? Cos’è sto viaggio, questa arsura, queste gambe che dolgono, questo cuore che spacca.

Oh, m’è capitato già di stringere i denti ad ogni pagina, ma in libri corti santo cielo. Corti!

E poi sto libro, pesante come la morte ma leggerissimo in digitale, non ha peso né struttura, è invisibile e impalpabile, non so con cosa prendermela, non ha forma e densità. Al contrario io che dovrei solo leggere mi sento come se stessi facendo uno sforzo fisico enorme. La vita alla rovescia.

Dunque scrivo, per dimenticare, per ritrovarmi un osso un muscolo una giuntura una cosa che stia attaccata all’ altra, e arrivare alla fine di questa storia.

Che va letta.

Ma non vi dico di leggera, sia chiaro, io non l’ho detto.

*

“Una vita come tante”, Hanya Hanagihara, Sellerio

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